Scandalo all’opera
Pare sia stata la goliardata più epica della storia cittadina, ma a causa di una rigida censura è passata di bocca in bocca senza che ne sia rimasta una memoria storica certa. Erano gli anni ’30, del fascismo e questa che segue è una delle versioni più note. In una serata qualsiasi dentro al Suprema, il più lussuoso ed esclusivo tra i postriboli cittadini, un’agitatissima maitresse cacciò in fretta e furia gli studenti intenti a “far flanella” (chiacchierare) con le ragazze, Insospettiti dall’atteggiamento inconsueto, i ragazzi si appostarono nelle vicinanze e scoprirono un gruppo di alti gerarchi, provenienti dal vicino Carlo Felice che avevano abbandonato il palco loro riservato e approfittato dello spegnersi delle luci per trasferirsi in “un’atmosfera meno impegnativa.”
Non appena entrato l’ultimo dei prestigiosi ospiti, il leggendario maggiordomo del Suprema appoggiò l’anta della cancellata che proteggeva l’ingresso senza chiuderla del tutto. L’uomo sapeva che la vecchia serratura si sarebbe inceppata e non ci sarebbe stato più modo di aprirla. Gli studenti che ben conoscevano questo dettaglio, non si lasciarono sfuggire l’occasione di portare a termine la loro bravata: serrarono l’inferriata per poi fuggire nella notte.
Qualche ora più tardi, mentre a teatro le luci si riaccendevano mostrando a una stupefatta platea il palco delle autorità miseramente vuoto, a qualche centinaia di metri di distanza i pompieri stavano cercando di aprire rumorosamente una robusta inferriata ottocentesca. Proprio da lì sarebbe uscita una mesta processione di clienti del Suprema.
I tantissimi curiosi attirati dalla confusione riconobbero facilmente le personalità che avrebbero dovuto essere all’opera. L’indomani, naturalmente, nessun giornale fece menzione della vicenda.